Arrivederci.

novembre 30, 2009

Che bello scrivere e che bello farlo attraverso un blog!

Fino naturalmente a finire… Tutto termina o forse si interrompe solamente, l’importante è accorgersene. Ed io mi sono accorto che personali e nuove forme di “elaborazione” vivrebbero male qui, così come tanti nuovi impulsi, nuove idee, pensieri diversi a cui dare una forma, un tempo, una scrittura diversi da quelli che prenderebbero vita attraverso un blog…

E’ stata questa un’esperienza meravigliosa, proprio come l’avevo immaginata, a tratti però sorprendente, catartica, sicuramente formativa… un posto gnomesco: profondo e stretto come un cunicolo ai piedi di un albero,… dove mi è capitato… di fermarmi a riflettere e a scambiare impressioni, a crescere e a stare, e a trasformare tutto questo in parole…

Una sorta di diario che però è stato molto più di un libro: forse il punto dove gli opposti presenti in un uomo si scontrano e si baciano, fanno all’amore e litigano come pazzi… Resterà così, con quest’ultimo post sempre visibile, insieme con tutti gli altri, come tanti granellini di sabbia a offuscarmi la vista, a non farmi vedere le cose come veramente sono, come sono per gli altri…

Arrivederci!

Nicola.

12:49 pm


Eccolo qua il Cristo.

novembre 8, 2009

Stefano Cucchi

Appendete questo alle pareti, se ne avete il coraggio. E questo insieme a tanto altro; affacciatevi alla finestra, scendete in strada: di sosia ne troverete milioni e milioni, a tal punto che tutte le pareti di questa terra non vi basteranno.

Non vi sembra questa, miei cari difensori della “cultura occidentale”, l’immagine del Cristo ammazzato, magari quella della migliore reliquia in legno che vi affannate ad appendere alle vostre bianche pareti grondanti odio?

Nicola.

6:30 pm

“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e di intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perchè l’esterno diventi netto!”

(Matteo 23, 25-26)

Un altro giro di giostra.

ottobre 30, 2009

un20altro20giro20di20giostra
Un altro giro di giostra è l’appassionato racconto di un uomo in cerca. In cerca, soprattutto, di sè stesso. Tutto comincia, per Tiziano Terzani, dalla scoperta di un cancro che presto diventa solo un motivo per ripartire e cercare di rispondere a quell’atavica domanda sull’esistenza che ognuno di noi si porta dentro.Un motivo sicuramente peculiare, un motivo che ha a che fare con la morte e la sua paura.

Ancora un viaggio, dunque, questa volta non da giornalista come ha fatto per tanti anni in giro per il mondo (“girovagare” interessante ed essenziale certo ma pur sempre superficiale), ma un viaggio, ora, da uomo, volendo capire attraverso il suo corpo qualcosa in più, partendo da quella che è una macchina per far soldi, ma soprattutto il più grande centro di cancro del mondo, rappresentazione della ragione e della scienza al quale inizialmente decide di affidarsi , attraversando (ancora una volta) parte dell’Asia, per finire poi a fermarsi, quasi definitivamente, sulle cime dell’Himalaya, non più Tiziano e già Anam, il Senzanome.

Quasi definitivamente, appunto, perchè c’è l’11 settembre 2001 e il dovere morale di intervenire contro la guerra, attraverso parole ed azioni di un Terzani che, nonostante la malattia, partecipa a dibattiti e a manifestazioni a favore della pace. Ma è comunque una ricerca che continua, con il cancro diventato oramai amico e che si muove per la sua strada; una ricerca che lo ri-porta ad Orsigna, un luogo sempre presente nella sua vita, una ricerca, insomma, che non finisce neanche con l’ultima pagina del libro, una ricerca che, dice Terzani, ognuno non può che fare per conto suo. In fin dei conti, è questo che il Vecchio gli aveva suggerito sull’Himalaya: “L’unico vero maestro non è in nessuna foresta, in nessuna capanna, in nessuna caverna di ghiaccio dell’Himalaya… È dentro di noi.”

Pagine e parole che, dalla paura della morte, attraversando altissimi concetti spirituali, finiscono con il regalarci una universale celebrazione della vita.

Nicola.

12:50 pm

Ai porci la luce.

ottobre 25, 2009

Quasi come a voler prendersi gioco dell’uomo (come sempre gli capita di fare), il tempo è venuto a confermare e a rafforzare (ahimè) le conclusioni del mio ultimo post. Scrivo questo, quindi, con un sorriso, un sorriso amarissimo. I fatti sono quelli riguardanti Piero Marrazzo e sui quali ci sarebbe da dire molto poco, se non altro in segno di rispetto.

Napoleon_Pig_by_faxtarMa i maiali (quelli di orwelliana memoria) si agitano e grugniscono nelle loro porcilaie. Diviene, dunque, moto dell’animo invitarli a calmarsi, pur avendo la netta sensazione che si divertano a sguazzare nel fango.

Ho prima letto battute lascive e volgari di pessimo gusto contro il povero Marrazzo. Mi si dirà che non ho senso dell’umorismo. Forse, ma una cosa è certa ed è l’indifferenza della volgarità nelle discussioni, quella offensiva e lasciva che non ha argomenti e neanche più la dignità di tacere.

Ho poi letto parole (di una violenza ed un’ottusità paurose) secondo le quali non ci sarebbero differenze tra il premier italiano e il caso di cui sopra; addirittura sono stati confrontati Patrizia D’Addario e il transessuale Brenda! Ed allora, sempre con quel sorriso amaro, mi è venuto ancora in mente l’ultimo post: l’indifferenza che uccide la coscienza critica e con essa qualsiasi possibilità di un confronto serio e obiettivo riguardo la realtà.

Lasciando nel loro fumo le battute volgari, mi sembra doveroso precisare quello che a me appare lapalissiano, o meglio che le vicende del premier italiano e di Marrazzo sono diversissime. Naturalmente il giudizio non è qui affatto morale, caro lettore. Anzi, a dirla tutta, di giudizi e sentenze non ne troverai proprio in questo post. Più che altro, leggerai ciò che a me appare essere la semplice constatazione della realtà.

Ci sono, tuttavia, almeno due elementi comuni tra le due vicende: 1) entrambi i protagonisti si dicono cristiano- cattolici e questo non fa altro che confermare la mia convinzione secondo cui fino a quando lo Stato della Città del Vaticano avrà l’influenza politica che tutt’ora ha, l’Italia non sarà mai un paese veramente civile e democratico; 2) l’enorme solitudine dei due uomini; ma questo non può essere oggetto di approfondimento qui, anche se poi, ti confesso, questo è l’argomento e il tema che mi interessa maggiormente.

Ecco, questi a mio parere sono gli unici elementi comuni. Per il resto, gli elementi che si conoscono ci portano a dire:

1) Mr. B chiedeva che gli portassero in casa prostitute, e questi (contrariamente a quanto in Italia credono i più) non sarebbero del tutto solo fatti suoi in una democrazia. Ha poi, inoltre, cominciato a promettergli che con la sua influenza avrebbe fatto questo e quello e che soprattutto le avrebbe candidate al Parlamento Europeo. Marrazzo non ha promesso niente a nessun transessuale e non ha usato il suo potere politico per andare contro lo Stato.

2) Mr. B, dal basso della sua arroganza, non ha la più pallida idea di essere malato, di aver assunto e assumere atteggiamenti pubblici e privati quantomeno da ricovero e incredibilmente incoerenti. Marrazzo, dal canto suo, è un uomo pentito, ha parlato di “debolezze private” che hanno inciso sulla sua sfera pubblica. Sembrerebbe che Marrazzo rappresenti ancora l’uomo, con la coscienza e  i suoi morsi.  Mr. B, invece, il superuomo, la sua pazzia e la sua ridicolaggine.

3) Marrazzo, per molto meno dunque, ha avuto la decenza di dimettersi. Mr B. no.

Resta una domanda: perchè allora Marrazzo si è dimesso, se in fondo erano solo abitudini personali? Credo che la risposta a questo quesito vada ricercata nel non aver detto la verità subito, e per aver cercato di corrompere (è questo il vero problema), impaurito, carabinieri delinquenti  perchè non facessero uscire materiale imbarazzante.

E’ evidente, mio caro lettore, che le vicende sono dunque assolutamente diverse. Solo un motivo porterebbe ancora una volta un maiale a porle sullo stesso piano: l’atavica e irresistibile voglia di continuare a nuotare nel fango e a sporcare poi, con quel fango, la democrazia.

Nicola.

3:27 pm

Tutto ciò che riguarda la democrazia non passa solo attraverso i suoi attori, ma soprattutto attraverso le sue comparse. Il primo ministro italiano può ormai fare di tutto: tutto ciò che lo riguarda sa di sporco, di marcio, di malato. Ed un malato lo si cura, gli si sta accanto, lo si compatisce.

Ma come facciamo, invece, se ad essere malato è il nostro corpo? Immagino che oltre alla autocompassione, ci sia qualcosa di più concreto ed attivo. Quando, dunque, il corpo è la democrazia del proprio paese, non bisognerebbe badare a spese nel cercare il medico migliore, più bravo, quello che ci dia le maggiori speranze di guarigione. E la malattia della nostra Italia si chiama indifferenza. untitled

L’indifferenza che ha portato una persona malata a diventare primo ministro, l’indifferenza che uccide la coscienza critica e con essa qualsiasi possibilità di un confronto serio e obiettivo riguardo la realtà, l’indifferenza dei visi pallidi che vedo nei centri commerciali, l’indifferenza di chi guarda la televisione e con essa il mondo credendo che sia quello vero, l’indifferenza di chi non si mette in gioco perchè ha paura e la paura nella sua inesistenza immobilizza, l’indifferenza dei tanti opportunisti che circondano il potere e lo innalzano, l’indifferenza dei tanti italiani che non osano andare oltre il proprio naso, l’indifferenza degli altri potenti che dall’altra parte lasciano che nulla cambi, l’indifferenza della volgarità nelle discussioni, quella offensiva e lasciva che non ha argomenti e neanche più la dignità di tacere, l’indifferenza di chi ricorda di essere stato migliore e che ora non ha più il coraggio di alzare lo sguardo perchè “così fan tutti”, l’indifferenza della tanta povera gente che non crede nemmeno più nella speranza, la speranza che le cose possano cambiare, che con la partecipazione di tutti si possa costruire qualcosa di buono.

Con questa indifferenza, mia cara Italia, tu muori e neanche tanto lentamente…

A questa indifferenza mi oppongo, pur rispettando profondamente le posizioni di ciascuno, ma non posso non oppormi all’ottusità, alla tracotanza, alla prepotenza del non-pensiero che disumanizza e dei tanti ignoranti che stanno uccidendo il mio paese.

Nicola.

5:24 pm

Fuori posto.

settembre 21, 2009

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Sembra un gigante su stoffa colorata. E’ la sensazione che mi ha dato.

Immagine nuovissima, ma naturale…: figli sulle bare dei padri.

Eppure, mi continua a sembrare tutto strano. Eppure, continua a sembrarmi irrimediabilmente fuori posto. Macchia candida su cielo scuro.

Nicola.

1:26 pm

Soldati italiani.

settembre 19, 2009

1014388_07feb2a8a4_mSe c’è un vantaggio degli uccelli rispetto agli umani è che i primi riescono a vedere tutta la realtà con una visuale diversa. Chissà se un giorno riuscirò a volare… Forse dovrei imparare a farlo dai bambini che però non hanno le ali… Ecco, sì, la speranza nasce: ancora una volta e come sempre, ritornare bambini.

17 settembre 2009: sei uomini lontani dai quarant’anni muoiono ammazzati. Chi erano? Ragazzi e padri, prima di essere soldati italiani… Disoccupati e senza prospettive di un lavoro migliore, prima di essere soldati italiani… Uomini e anime, prima di essere soldati italiani… Cittadini del Sud dell’Italia, prima di essere soldati italiani…

E poi, certo,  soldati italiani, con tanto di armi supertecnologiche, dormienti alla ninna nanna raccontata dai loro superiori in grado e convinti, o forse semplicemente assuefatti all’idea di svolgere una missione di pace, non più in grado di ascoltare la voce dei padri, quella voce antica ed ormai lontana che da piccoli ci insegnava che  la pace non si fa con le armi e che, per i maschietti, giocare con i soldatini significava giocare a fare la guerra.

Cordoglio e rispetto a voi, “consumatori finali” dell’idiozia di altri, innocenti vite al servizio del potere becero e assassino. Cordoglio e rispetto per questi lavoratori di un mestiere sbagliato, ma soprattutto silenzio e aria in quelle vecchie bocche impastate di ipocrisia.

Nicola.

3:24 pm

Siamo tutti omosessuali.

settembre 6, 2009

untitled2Quando John F. Kennedy nel lontanissimo 1961 gridò dinanzi ad un’immensa folla, accalcata a ridosso del muro di Berlino che rappresentava la cortina di ferro, “Siamo tutti berlinesi”, mostrava da americano qual’era, la vicinanza spirituale e politica a tutte quelle persone offese dalla divisione e dall’incomprensione e a quell’Europa stanca e depressa, trafitta e martoriata da politiche annientatrici e di morte. Con tale grido, la posizione politica del presidente americano divenne chiarissima e allo stesso modo spiazzante per tanti altri capi di stato. Fu un gesto di alta politica, poiché riuscì a cogliere le esigenze più profonde e le pulsioni più forti che covavano nell’animo di tanti europei. Pur consapevole di scontentare molti, decise di percorrere la strada che aveva intrapreso candidandosi alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Eppure, sul significato autentico di quelle tre parole, ci sarebbe tanto da ragionare. Sono, a mio avviso, davvero devastanti, perché comprendono tante altre frasi, tante altre parole, ma un unico significato.

Io ti sono vicino, pur vivendo a miglia di distanza; colgo le tue preoccupazioni, le tue ansie nel vivere dove vivi, anche se non conosco bene il tuo mondo, anche se non ho mai toccato nemmeno una pietra di quel maledetto muro grigio e colorato dagli uomini; con tutte le mie forze, ti prometto che proverò a proteggerti, perché sento e avverto la tua paura; so che molti non vorrebbero vederti nemmeno vivere, è per questo che del resto hanno innalzato questi muri , è per questo che utilizzano le loro idee sbagliate a sostegno di tesi sbagliate, è per questo che decidono di far dominare le proprie azioni dall’ipocrisia e dalla cecità. Un grido forte, insomma, un grido che ha fatto la Storia e che ha fatto magnificamente coincidere la politica col senso più profondo della sua stessa esistenza, della sua ragion d’essere. Fu quel giorno uno dei più significativi e caratterizzanti il Politico John F. Kennedy.

E la storia, e con la storia le vicende degli uomini nel loro divenire, non manca di offrire a quegli stessi uomini spunti per migliorarsi e far valere il loro essere, le loro posizioni politiche, lo stare al di qua o al di là del guado. O più spesso, non stare da nessuna parte, essere semplicemente e drammaticamente ignavi. In fin dei conti, come sempre, scegliere cosa essere.

Cosa essere, oggi, in questa fine estate 2009, col sole ancora caldo ma che tramonta sempre prima, avvertendoci dell’arrivo dell’autunno, cosa essere, dunque, cosa fare dinanzi a storie di violenza e di amore di persone omosessuali, cosa essere, cittadini o altro, in un paese come l’Italia, democratica e civile, membro del gruppo dei Grandi del mondo e all’avanguardia in tanti campi della cultura e della scienza, cosa essere dinanzi all’incomprensione e al sangue di persone che si amano, cosa fare e cosa dire a questi uomini e a queste donne, soli nelle loro tristi storie di violenza e di amore, picchiati e derisi per motivi incomprensibili ad una mente razionale. O forse troppo comprensibili e per questo maledettamente e drammaticamente assurdi. “Viva l’amore” verrebbe da gridare, quando ti dicono “ci sono i bambini, andate via!”, poi pensi che vorresti restare lì a prendere le botte per dimostrare a quei bambini, grandi un giorno, che l’amore vive sempre e che quello che ti stanno insegnando sono frottole, perché un padre non può insegnare al proprio bambino l’amore, prendendo a calci un altro uomo, un uomo, per giunta, innocente e senza colpa. “Perché?” verrebbe ancora da urlare al religioso e al politico che vogliono annientarti, con discorsi ipocriti e profondamente moralisti, dietro le cui belle parole si nascondono montagne di voti e masse di uomini da domare e abbindolare. E ancora domande nei confronti di quella “Gay Street” che sa tanto di ghetto e puzza di chiuso.

E’ il mondo, pensi, ma il mondo è fatto di uomini e di esistenze, di cuori accesi e un po’ più spenti, e allora, da che parte stare, in che modo girarsi per stare nel posto giusto, in quale specchio riflettersi per ritrovarmi potendo alzare lo sguardo verso la mia stessa immagine, senza abbassarlo provando vergogna, timore e rabbia verso me stesso, per non aver fatto nulla, per non aver gridato con la bocca spalancata, in quella fine d’estate 2009, io eterosessuale perché così è,: “Siamo tutti omosessuali!”.

Nicola.

4:08 pm

Un uomo si affaccia dal pontile, ha le braccia tese e le spalle strette. E’ arrivato fin lì per fotografare istanti di morte. Sotto di lui, vagoni bruciati e case distrutte, l’ombra del fumo nero e la cenere di quel che resta. Sotto il cielo blu, Viareggio.

VitaMorteUna donna dai ricci rossi e dall’aria professionale, accende il suo pc e trova in Facebook il link ad un video. La curiosità vince su di lei, anche se un avvertimento le suggerisce di non guardarlo. Un pensiero le attraversa il cervello – questi avvertimenti sono come quelli sui pacchetti delle sigarette: ipocriti e politicamente corretti -. Guarda il video, per un attimo si ferma come senz’aria, una bolla di vuoto le galleggia in testa. E’ Neda, la giovane ragazza iraniana che muore, una morte violenta che si manifesta e diviene tragica, un uomo con la telecamera in mano riprende tutto e nei giorni seguenti diviene il video più visto e esaminato di internet. Il rosso del sangue inonda lo schermo, sangue ovunque ed improvviso, poco prima non c’era, tutto era bianco ed azzurro, attimi di paura che si dipingono di rosso, le vene della donna dai ricci rossi sembrano uscire fuori e così sarà per tutto il giorno. -Maledetto video- pensa. La sua professionalità non c’è più, sparita. Sarà così per tutto il giorno e forse oltre. Sotto quel manto di rosso, il mondo.

L’agire della morte che viene e scappa via, si fa sentire con la sua tragicità. Si prende gioco degli uomini e gli uomini impauriti ci cascano, creano le sembianze alla morte, divenendo essi stessi creatori di morte. Come nuvole perse nel cielo infinito, in assenza del sole, tuoni e temporali, fulmini e saette, la paura del buio e della fine. Il sole torna, è ancora lì, è sempre stato lì, ma le nuvole hanno la memoria corta. La paura, invece, no.

L’uomo di Viareggio ha finito, si avvia verso casa sulla sua bicicletta nera; ha accanto dei bambini che gli chiedono di guardare quelle foto, chiedono di capire cosa c’è da fotografare del vuoto. I bambini ignorano la morte e la uccidono, ma l’uomo non sa rispondere. Pensa alle sue foto da mostrare, il vuoto lo avvolge e lo paralizza.

La donna dai ricci rossi è ancora lì, immobile e ferma, sotto il tetto della sua casa. La morte ha vinto ancora una volta.

Nicola.

11:41 am

26 maggio, ore 19,47: Petru Birlandeanedu passeggia com la moglie poco prima di essere ucciso. (ilmattino.it)

26 maggio, ore 19,47: Petru Birlandeanedu passeggia com la moglie poco prima di essere ucciso. (ilmattino.it)

Mi chiamo Petru e sono morto il 26 maggio dell’anno 2009, in un tardo pomeriggio primaverile, in una bella città dell’Italia. Naturalmente, poco prima di morire non avrei mai pensato che la signora nera stesse per fare visita proprio a me. Si, insomma, so che deve succedere ma se un attimo prima qualcuno mi si fosse avvicinato e mi avesse detto “Petru, stai per morire” gli avrei probabilmente riso in faccia. Del resto, siamo seri, perchè doveva capitare proprio a me? Io sono un suonatore, un musicista, me ne andavo in giro con la mia piccola fisarmonica rossa a riempire di note e suoni le strade napoletane, i vicoli e per lo più la metropolitana o la stazione. Si, lo ammetto, avrò anche rotto le scatole a qualcuno, la mattina presto o a sera, quando gli studenti e i lavoratori prendono la metro per rincasare e tutto vogliono sentire a parte le mie note, spesso malinconiche e lente. Ma in qualche modo dovevo pur vivere, pensare alla mia mogliettina, alla nostra vita, all’indomani che credevo più roseo di quello che immaginavo a Bucarest. Ed invece è tutto finito. Sai, ti sono sincero caro amico, non credevo finisse così, mi aspettavo qualcos’altro. No chissà cosa, però almeno una certa stabilità, neanche quella monotona quotidianità di quelli che mi hanno visto e lasciato morire, per carità, però qualcosa di meglio.

Intendiamoci, non mi dispiaceva suonare, avevo anche imparato a fare alcune canzoni napoletane ” ‘O sole mio”, “Torna a Surriento” però l’arte non paga e poi per me era solo qualcosa di momentaneo. Pensa che a questo proposito, ho anche incontrato gente che mi ha ringraziato dopo una suonata. “Queste note non le sentiamo più, non c’è più nessuno che ripercorre i suoni della Napoli antica e della sua tradizione musicale” dicevano e mi ringraziavano davvero, si vedeva che erano sinceri e spesso anche più generosi degli altri. Se proprio vogliamo dirla tutta, appena arrivai a Napoli fui avvicinato dalla stessa gente che poi mi ha ucciso, cercavano qualcuno che li aiutasse nelle loro attività, qualcuno che spacciasse droga insomma o cose del genere e mi promettevano anche soldi, tanti soldi. Ma non ho mai ceduto anche se mi avrebbe fatto assai comodo e anche se in molti, dopo la mia morte, hanno creduto che fossi solo uno di loro, un criminale come tutti gli altri e che quindi quel regolamento di conti avesse come obiettivo proprio me. Ed invece no. Ero lì, in un punto e in un posto sbagliati.

E’ proprio strana la vita. Proprio quella mattina, alla mia mogliettina avevo promesso che ce ne saremmo andati da lì e quasi mi ero sentito in colpa per averla portata in quel posto che credevo migliore. Davvero, ho sempre sperato che Napoli rappresentasse qualcosa di meglio di quello che ho visto per molto tempo con questi occhi. Fino all’ultimo mio minuto sulla terra ho visto: non so se io avrei reagito allo stesso modo, ma sembravano tutti formiche impazzite, come allarmate da gocce d’acqua, neanche fosse piovuto su di loro il mio sangue, quello stesso sangue che nessuno ha avuto il coraggio di guardare e fermare. Eppure il colore non è lo stesso?

E adesso che non appartengo più al vostro mondo, ora che vi guardo tutti dall’altra parte, penso che forse le mie note non sono servite a niente.

Nicola.

11:41 am

P.S.: Questo testo è solo frutto della mia fantasia, ispirata da un fatto di cronaca.